Utilissimo ed importantissimo. L’idea dell’uomo solo al comando mal si presta nel caso di gestione dinamica di imprese in sequestro che necessitano di un approccio sistemico, dinamico, proattivo e di molteplici competenze ed esperienze che fatalmente il professionista incaricato, pur preparato ed esperto, non può possedere. Competenze di settore, fiscali, contabili, giuridiche, manageriali, organizzative, tecniche, di programmazione e controllo, sociali, di sicurezza del lavoro e ambiente è di tutta evidenza che non possano essere presenti neanche nel caso in cui il Tribunale nomini più amministratori giudiziari nel medesimo provvedimento. Chi volesse ambire ad assumere incarichi di amministratore giudiziario di imprese deve dunque creare il proprio network territoriale di competenze tecniche. Costruire la rete. Deve essere molto attento nelle scelte e, laddove ne ricorrano i presupposti di continuità operativa d’impresa, non solo, coerentemente alle dimensioni, le esigenze e la sostenibilità economico-finanziaria, creare un ufficio di coadiuzione, nominando professionisti che non abbiano profili di incompatibilità di cui all’art. 35 commi 3 e 4 bis, ma anche supportare costantemente la loro attività, integrandole opportunamente e valutando con attenzione i risultati raggiunti. Questo approccio esalta il ruolo dell’amministratore giudiziario di imprese sequestrate e confiscate: un “corpo a più teste” di gestore, valutatore, motivatore, tecnico, psicologo, leader, programmatore e anche di imprenditore, in un mix di competenze ed attitudini che fornisce la giusta risposta ad un mestiere difficile, insidioso e pieno di responsabilità.