Tra le tante attività dell’amministrazione giudiziaria di imprese sottoposte a sequestro ex art. 20 del D.Lgs. 159/2011 (d’ora in avanti anche “Codice Antimafia” o “Codice”) vi è il “ripristino” di legalità. L’obiettivo è l’emersione delle patologie (lavoratori in nero, evasione fiscale e previdenziale, bilanci falsi, violazione della normativa sulla sicurezza e l’ambiente, …) che caratterizzano queste imprese ed il successivo traghettamento delle attività economiche in un alveo di buone pratiche e rispetto delle norme, da effettuarsi in sede di prosecuzione aziendale. Il D.Lgs. 231/2001 (d’ora in avanti anche “Decreto” o “231”) sulla responsabilità amministrativa degli enti è “arma” in mano all’amministratore giudiziario per stimolare e creare questi meccanismi virtuosi di protezione e compliance aziendale.
Con la Legge n. 161/2017 di modifica del D.Lgs. 159/2011, la 231 fa “capolino” nel Codice Antimafia:
Art. 34 bis comma 3 del Codice Antimafia – Controllo giudiziario
Con il provvedimento di cui alla lettera b) del comma 2, il tribunale stabilisce i compiti dell’amministratore giudiziario finalizzati alle attività di controllo e può imporre l’obbligo:
a) di non cambiare la sede, la denominazione e la ragione sociale, l’oggetto sociale e la composizione degli organi di amministrazione, direzione e vigilanza e di non compiere fusioni o altre trasformazioni, senza l’autorizzazione da parte del giudice delegato;
b) di adempiere ai doveri informativi di cui alla lettera a) del comma 2 nei confronti dell’amministratore giudiziario;
c) di informare preventivamente l’amministratore giudiziario circa eventuali forme di finanziamento della società da parte dei soci o di terzi;
d) di adottare ed efficacemente attuare misure organizzative, anche ai sensi degli articoli 6, 7 e 24-ter del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, e successive modificazioni;
e) di assumere qualsiasi altra iniziativa finalizzata a prevenire specificamente il rischio di tentativi di infiltrazione o condizionamento mafiosi.
Nella lettera d) del comma 3, l’adozione di adeguati modelli organizzativi (d’ora in avanti anche “Modello”) è rimessa alla valutazione dell’autorità giudiziaria, come intervento, tra gli altri, volto a riassorbire le criticità organizzative e le lacune di controllo che hanno favorito l’infiltrazione criminale nella vita dell’impresa, dunque la misura del controllo giudiziario.
Per la verità, il Codice del 2011 citava già la 231, precisamente all’art. 85 comma 2-bis laddove prevede che i professionisti con compiti di vigilanza siano inclusi nell’ambito del soggetti sottoposti a documentazione antimafia.
Nel passato, l’applicazione del Decreto è entrata non di rado nel programma di gestione delle amministrazioni giudiziarie d’impresa. Nel 2004, quindi pochi anni dopo l’introduzione della 231, in occasione di un imponente sequestro di società e beni personali a Bagheria (Palermo), l’amministrazione giudiziaria di tre società sanitarie del gruppo adottò con celerità la 231 per limitare gli impatti giudiziari, potenzialmente devastanti, di una mega truffa al sistema sanitario regionale siciliano perpetrata dalla gestione ante sequestro. Anni pionieristici nei quali scarseggiavano le prassi di riferimento e vi era anche confusione di ruoli tra governance e vigilanza.
Oggi, alle soglie dei suoi vent’anni di storia, la 231 è entrata nel lessico aziendale benché persistano ancora oggettive difficoltà di applicazione per le imprese di qualsiasi settore e dimensione, in bonis o soggette a restrizioni della loro libertà.
Fatte salve le linee guida, le prassi e le tecnicalità oramai consolidate, quanto segue, senza alcuna pretesa di esaustività, intende delineare alcune specificità nell’applicazione del Decreto nel caso di sequestro ex art. 20 del capitale sociale e del compendio aziendale nel caso in cui l’amministratore giudiziario scelga una gestione diretta dell’impresa, anche tramite amministratori terzi.
Decisione di applicazione: come sappiamo l’applicazione del Decreto non è obbligatoria bensì libera valutazione dell’impresa, salvo in alcuni settori dove più di recente è divenuto di fatto obbligatorio come ad esempio per l’accreditamento di soggetti privati in alcuni servizi sanitari regionali; nella fase antecedente l’autorizzazione alla prosecuzione ex art. 41 del Codice, applicare il Decreto è difficile e poco opportuno; si suggerisce di inserire l’intervento nella proposta di prosecuzione (o di ripresa) dell’attività d’impresa ed avviare il processo solo dopo l’autorizzazione del tribunale. Nel caso in cui sia urgente l’adozione del Decreto, ad esempio a seguito di contestazioni giudiziarie notificate ai precedenti rappresentanti legali per reati presupposto oppure per esigenze di difesa della società oppure ancora per contestazioni giudiziarie coeve al provvedimento di prevenzione, può essere opportuno accelerare il percorso; in tal caso, l’inserimento nella relazione ex art. 36 può rappresentare l’occasione per l’amministratore giudiziario di manifestare l’esigenza e motivare le ragioni di urgenza al giudice delegato; l’eventuale avvio operativo prima dell’autorizzazione ex art. 41 deve essere sempre autorizzato e valutato alla luce della reale situazione economico-finanziaria rinvenuta e delle concrete possibilità di prosecuzione dell’impresa.
Avvio del percorso: come primo atto occorre predisporre il Modello, l’ombrello regolamentare le cui prescrizioni dovranno essere recepite dall’impresa ai fini della prevenzione e protezione 231; se l’impresa necessita di ausilio tecnico di esperti esterni, al di là delle prassi diffuse nell’amministrazione giudiziaria di effettuare ricerche di mercato e richiedere più preventivi, è quanto mai opportuno selezionare professionisti che siano in grado di assicurare valutazione strutturata e dinamica dei rischi ed approccio organizzato e multidisciplinare nonché di predisporre documenti operativi come ad esempio la gap analysis ed il piano di allineamento al Modello.
Mappatura dei rischi e attività sensibili: si tratta della prima attività da effettuare nell’ambito della predisposizione del Modello; oltre alle caratteristiche del business, i criteri guida per identificare le attività sensibili e le funzioni esposte sono i reati a catalogo e l’art. 5 comma 1 del Decreto quando recita “l’ente è responsabile per i reati commessi nel suo interesse o suo vantaggio: a) da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso; b) da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui alla lettera a)”. Dunque, l’ente è responsabile quando i reati a catalogo (reati presupposto) sono commessi dai soggetti di cui alle lettere a) e b) comma 1 con il precipuo obiettivo, anche in via non esclusiva, di ricercare oppure ottenere un beneficio aziendale. Gli incarichi a consulenti e professionisti sono dunque attività sensibili potendo rappresentare l’utilità per corrompere il funzionario pubblico ed aggiudicarsi una gara di appalto. Se l’interesse invece è esclusivamente personale, ad esempio un incarico di consulenza imposto all’impresa dall’amministratore giudiziario per “compiacere” un soggetto terzo, esterno alla procedura, ed ottenere altro incarico, esso non rientrerà nell’ambito della responsabilità amministrativa dell’ente bensì nell’alveo degli atti anti doverosi commessi dall’amministratore giudiziario. L’analisi dei rischi evidenzierà poi che le attività dell’amministratore giudiziario si intrecciano con quelle economiche dell’impresa. In presenza di molteplici ed articolate casistiche, la modalità di prosecuzione e gestione dell’impresa diventa essenziale per tracciare una linea di demarcazione tra le attività d’impresa e quelle della procedura e per identificare le attività dell’amministratore giudiziario embedded all’impresa esposte ai rischi 231. In linea generale, fatte salve la culpa in vigilando e le altre responsabilità connesse all’incarico ricevuto, è possibile affermare che più si “esternalizza” la gestione, ad esempio con un contratto di affitto di azienda, minori sono le attività dell’amministratore giudiziario esposte al rischio 231.
Progettazione del Modello: partendo dalla notazione che il Modello si applica alle attività aziendali, nella fase di progettazione si raccomanda un attento esame dell’organizzazione dell’amministratore giudiziaria e della normativa speciale antimafia; per predisporre un Modello efficace, si suggerisce, tra l’altro, di censire le attività oggetto di autorizzazione del tribunale, di definire il perimetro della vigilanza 231 in funzione delle scelte gestionali operate dall’amministrazione giudiziaria, di regolamentare i rapporti tra organismo di vigilanza (di seguito anche “OdV”) ed amministratore giudiziario. In generale, è possibile predisporre la bozza del Modello entro 3-4 mesi dalla condivisione della valutazione dei rischi.
Adozione del Modello: trattandosi di atto rilevante ai fini del ripristino di legalità, si suggerisce di trasmettere la bozza finale al giudice delegato; ricevuto riscontro e debita autorizzazione, il Modello è adottato dall’organo amministrativo, fatte salve le ragioni di particolare urgenza nelle quali, se l’organo amministrativo non è ancora costituito, l’amministratore giudiziario può adottare il Modello in sede di assemblea dei soci e, successivamente, far ratificare l’adozione all’organo amministrativo, pur con una valutazione preliminare di eventuali modifiche ed integrazioni da apportare. In generale, si adotta il Modello ed il Codice Etico mentre la valutazione dei rischi è documento aziendale da gestire internamente in modo dinamico per rilevare l’esigenza di futuri aggiornamenti e revisioni.
Nomina dell’organismo di vigilanza: per prassi, la nomina dell’OdV è effettuata con la medesima delibera di adozione del Modello; indipendentemente dalla tipologia (collegiale o monocratica) dell’OdV e la sua durata in carica (massimo solitamente triennale), la nomina deve essere autorizzata dal giudice delegato. L’indicazione di un componente dell’OdV collegiale o dell’OdV monocratico avanzata dallo stesso giudice aumenterebbe il livello di indipendenza dell’OdV. E’ bene, comunque, che, in fase di istanza al giudice, l’amministratore giudiziario produca apposite autodichiarazioni ex art. 76 del D.P.R. 445/2000 di possesso dei requisiti di competenza ed integrità dei componenti dell’OdV. L’intera procedura di nomina va descritta nel Modello nell’apposita sezione dedicata all’OdV.
Formazione amministratori, apicali e collaboratori: si tratta di attività svolta sovente in modo discontinuo e occasionale; per le caratteristiche delle imprese sottoposte a sequestro di prevenzione, occorre dedicare particolare attenzione ai piani e appuntamenti di formazione, a beneficio soprattutto dei soggetti di cui alle lettere a) e b) del comma 1 art. 5 del Decreto.
Rapporto tra organo amministrativo e OdV: rilevandosi spesso rapporti limitati, incentrati per lo più sulle relazioni periodiche (di solito semestrali) che l’OdV invia all’organo amministrativo, sarebbe molto utile, vista la delicata gestione di queste imprese, che il Modello prevedesse la partecipazione dell’OdV alle riunioni dell’organo amministrativo con successiva acquisizione dei relativi verbali; nel caso di CdA, può essere utile che un amministratore non esecutivo si prenda carico di gestire il rapporto continuativo con l’OdV.
Rapporti tra organismo di vigilanza e organi di controllo: l’OdV deve intrattenere rapporti continui con il collegio sindacale ed il revisore legale, laddove presenti; si tratta di funzioni indipendenti previste a statuto e dal codice civile con i quali lo scambio di informazioni e la costruzione di una rete integrata di controlli diventa essenziale ai fini della vigilanza 231. A fortiori in imprese come quelle in oggetto esposte tradizionalmente a molteplici rischi. La circostanza che collegio sindacale e revisore legale siano soggetti destinatari del Modello, dunque soggetti alla vigilanza dell’OdV per le attività esposte ai reati societari, rafforza la necessità di sviluppare relazioni costanti e suggerisce di limitare l’inserimento di un sindaco nell’OdV, possibile per norma, solo ai casi in cui l’organismo sia collegiale e vi sia il collegio sindacale e non il sindaco unico. In tal caso, un inserimento può favorire lo scambio di informazioni benché il sindaco componente dell’OdV debba sempre avere attenzione a distinguere i due ruoli.
Flussi informativi verso l’OdV: il Modello descrive i flussi informativi che devono obbligatoriamente pervenire all’OdV per esercitare la vigilanza nonché le procedure operative necessarie alla loro attivazione. L’organo amministrativo gioca un ruolo centrale per favorire l’attivazione dei flussi: la qualità, tempestività, completezza delle informazioni inviate ai fini della vigilanza dipendono molto dalla legittimazione dell’OdV promossa dagli amministratori. In tempi di emergenza sanitaria nei quali la vigilanza si effettuerà soprattutto “a distanza”, con l’ausilio dunque di strumenti di video e audio conferenza, i flussi informativi divengono ancora più basilari.
Segnalazioni all’OdV: non è inconsueto che, soprattutto nella fasi iniziali del sequestro, pervengano all’amministrazione giudiziaria segnalazioni in forma anonima volte a denunciare fatti perpetrati nella gestione ante sequestro oppure a tentare di diffamare colleghi e superiori; la delicatezza del contesto in cui si inserisce l’amministrazione giudiziaria comporta estrema cautela nella gestione delle segnalazioni che pervengono all’OdV; per contenere il fenomeno, si suggerisce che il Modello vieti le segnalazioni anonime, stressi la protezione del segnalatore ai sensi della normativa sul whistleblowing di cui alla L. 179/2017 e preveda specifiche sanzioni disciplinari in caso di tentata diffamazione. Fondamentale diventa assicurare un canale alternativo di segnalazione idoneo a garantire, con modalità informatiche, la riservatezza dell’identità del soggetto segnalante. Nel caso di segnalazioni di violazioni all’OdV relative a dipendenti e consulenti presenti ante sequestro, si suggerisce di valutare la segnalazione con l’amministrazione giudiziaria, e successivamente, secondo modalità tali da proteggere la riservatezza, con il soggetto segnalante; nel caso di segnalazioni relative all’amministratore giudiziario o suoi fiduciari, si raccomanda di acquisire ed esaminare la documentazione relativa al fatto segnalato prima di identificare i soggetti con cui interloquire; nell’eventualità di mancanza di riscontri proattivi da parte dell’intera filiera dell’amministrazione giudiziaria e degli organi societari, se i fatti segnalati risultano consistenti, espressione di palesi violazioni del Modello e/o di reati commessi oppure intercettino atti contrari ai doveri del pubblico ufficiale, si suggerisce di segnalare i fatti al giudice delegato e, se necessario, alla competente Procura della Repubblica. La procedura deve essere armonizzata all’assetto gestionale scelto dall’amministrazione giudiziaria e descritta compiutamente nel Modello.
Segnalazioni dell’OdV: diverso è il caso in cui si registri una reiterata inerzia da parte degli amministratori dell’impresa a seguito ad esempio di richieste documentali dell’OdV oppure nell’attuazione del piano operativo di allineamento al Modello; in questo caso, l’organismo di vigilanza deve operare le necessarie escalation con gli amministratori, gli organi di controllo e l’amministratore giudiziario. Solo a seguito di palesi e reiterati comportamenti elusivi dell’intera filiera, come espressione della vigilanza compiuta e responsabile, l’OdV si rivolgerà al giudice delegato. Anche in questo caso, la procedura dovrà essere descritta nell’apposita sezione del Modello.
Aggiornamento/adeguamento del Modello: oltre alle motivazioni canoniche che comportano un intervento di adeguamento del Modello (modifiche organizzative, modifiche di business, novità normative,…), occorre seguire l’evoluzione del procedimento giudiziario e valutare eventuali interventi manutentivi del Modello; con la confisca di 2° grado ed il passaggio della gestione all’Agenzia Nazionale dei Beni Sequestrati e Confiscati occorrerà verosimilmente un apposito adeguamento. L’OdV è responsabile di segnalare all’organo amministrativo l’esigenza di eventuali aggiornamenti e le motivazioni alla base dell’esigenza di revisione devono essere esplicitate nel Modello.
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L’auspicio, in conclusione, è che sempre più imprese in amministrazione giudiziaria utilizzino questo strumento di gestione dei rischi aziendali. Ciò significherà che tante aziende avranno passato il filtro dell’art. 41 del Codice e avranno valutato la compliance 231 quale valido ausilio per la gestione in legalità. L’auspicio è esteso anche alle imprese in bonis. La prevenzione antimafia del resto si fa anche con la prevenzione dei reati 231.